Guarire dentro
di Paola Bertolotti
Psicologa e psicoterapeuta. Esperta nella conduzione di gruppo (in Associazione conduce "Riprogettiamo l'esistenza" e "Decido di vivere"). Vicepresidente del Comitato Scientifico di Attivecomeprima.
In Attivecomeprima, il gruppo ha un'importanza fondamentale ed è il modello di tutte le attività dell'Associazione.
Dal primo incontro di conoscenza, ai gruppi di "sostegno psicologico" in cui la donna decide di guardare dentro se stessa (Riprogettiamo l'esistenza, Decido di vivere, La terapia degli affetti), fino alle attività creative, espressive e psicocorporee.
Perché è stato privilegiato il lavoro di gruppo? Cosa avviene durante il percorso che la donna operata al seno decide di intraprendere aderendo ai gruppi di sostegno psicologico? Quali sono gli obiettivi? Si realizzano sempre?
A queste domande cercheremo di dare una risposta, in modo da rendere comprensibile il nostro modello di intervento.
Come tutti sanno, o possono immaginare, l'incontro con il cancro, fa sorgere la disperazione: ognuno reagisce a questa disperazione, a questa esperienza, che stravolge completamente ogni riferimento sociale ed affettivo, in modi diversi.
C'è chi sa ritrovare spontaneamente, dopo questa esperienza addirittura più forza, più fiducia nella vita, sentendo di aver trovato un benessere anche migliore di prima.
Allora ci chiediamo: perché qualcuno si lascia andare e qualcuno reagisce?
La risposta può essere molto suggestiva, ed è la spiegazione che F. Fornari dà a questo processo nel suo libro Affetti e cancro.
Perché c'è in ognuno di noi una capacità di avere fiducia, di avere speranza che si è strutturata fin dalla nascita.
Come l'esperienza della nascita porta dentro di sé un progetto di morte, proprio perché legata ad un distacco, ad una perdita di qualcosa di assolutamente perfetto, così porta in sé anche un progetto di vita che si concretizza nel ritrovare il calore del corpo della madre, la sua voce, il suo nutrimento.
Questo forma nel bambino la sua fiducia di base, il suo capitale di bene, la consapevolezza che a qualcosa di negativo potrà seguire qualcosa di positivo: ciò che si chiama "speranza".
Chi è colpito dal cancro, si trova come un bambino appena nato, tradito, disperato, impotente.
Ma sono queste le sensazioni che possono mettere in moto, come nel bambino, un progetto di fiducia, di speranza, un progetto di vita, attingendo a quel capitale buono che ognuno porta dentro di sé e che e solamente perso nel buio della disperazione.
Questo è lo stato d'animo, più o meno apertamente dichiarato, in cui si ritrova ogni donna che decide di partecipare ai nostri gruppi.
Più o meno apertamente perché è facile che, inizialmente, la propria disperazione ed il bisogno di essere aiutate, sia mascherato dal desiderio di fare qualcosa di concreto per chi si ritrova a vivere la stessa esperienza.
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